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CANTIERE ARTAUD

CANTIERE ARTAUD

in streaming dal 4 al 10 novembre / in TEATRO STUDIO dal 23 - 30 novembre | restituzione 30 novembre 2021


Cantiere Artaud è un collettivo di ricerca teatrale fondato ad Arezzo nel 2016 da Sara Bonci e Ciro Gallorano. Nel 2020 la compagnia è stata riconosciuta dalla Regione  Toscana come giovane formazione di prosa. Il nome dell’Associazione sottolinea la volontà di essere sempre pronti a nuove sperimentazioni e vuole essere un omaggio ad  Antonin Artaud, precursore di un teatro che tende a smuovere i nervi. Allo spettatore viene chiesto di lasciarsi condurre dentro un labirinto fatto di piccoli gesti e suoni  primordiali, silenzi e ombre. La residenza è dedicata ad un nuovo progetto produttivo ispirato alle opere di Igmar Bergman: Il volto di Karin prende il titolo dall’omonimo cortometraggio del regista svedese dedicato alla memoria della madre Karin Åkerblom, elegia iconografica al tempo che scorre e all’importanza di sedimentare la memoria, incarnata dalle fotografie.Nel documentario Bergman mette in sequenza una serie di  fotografie della madre dai 3 anni fino a pochi giorni prima della morte.

Cantiere Artaud è un collettivo di ricerca teatrale fondato ad Arezzo nel 2016 da Sara Bonci e Ciro Gallorano. Nel 2020 la compagnia è stata riconosciuta dalla Regione  Toscana come giovane formazione di prosa. Il nome dell’Associazione sottolinea la volontà di essere sempre pronti a nuove sperimentazioni e vuole essere un omaggio ad  Antonin Artaud, precursore di un teatro che tende a smuovere i nervi. Allo spettatore viene chiesto di lasciarsi condurre dentro un labirinto fatto di piccoli gesti e suoni  primordiali, silenzi e ombre. La residenza è dedicata ad un nuovo progetto produttivo ispirato alle opere di Igmar Bergman: Il volto di Karin prende il titolo dall’omonimo cortometraggio del regista svedese dedicato alla memoria della madre Karin Åkerblom, elegia iconografica al tempo che scorre e all’importanza di sedimentare la memoria, incarnata dalle fotografie.Nel documentario Bergman mette in sequenza una serie di  fotografie della madre dai 3 anni fino a pochi giorni prima della morte.

In esso si avverte l’inafferrabilità del tempo, ma anche la capacità di creare attraverso la visione una dimensione altra, quella del ricordo, che permette di colmare momentaneamente un’assenza data dalla perdita creando una realtà virtuale.