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IL GALILEO DELLE API

INTERPRETI

Antonia Bertagnon, Fiorella Tommasini, Luigi Marangoni, Simonetta Rovere, Barbara Chinaglia, Nicola Poli, Marco Farinella

COSTUMI

Thierry Parmentier

MUSICA E REGIA

Massimo Munaro

 

PRIMA RAPPRESENTAZIONE:

Rovigo, Auditorium della Scuola Media Bonifacio, Festival Opera Prima 13 giugno 1996

Ognuno di noi ha le sue ossessioni. Alcune persone ritornano continuamente sui propri passi. Qualcuno finisce a volte per riscrivere per tutta la vita lo stesso romanzo, o per dipingere lo stesso quadro, o per rifare per tutta la vita lo stesso spettacolo. Noi questo ameremmo evitarlo.
Ma esistono incubi più forti degli altri. Incubi che continuano a persistere anche solo per il fatto che non si è riusciti a trascinarli alla luce del sole. Prove tentate e lasciate incompiute, lasciate per un po' dietro le spalle e che poi si ripropongono con forza alla coscienza come un rebus che si deve decifrare.
Lavoriamo sul Galileo di Bertold Brecht e sul Linguaggio delle Api di Karl Von Frisch dal 1992. Ci affascinava l'idea di coniugare l'esperienza della ricerca scientifica con l'esperienza della ricerca teatrale. A questo tema dedicammo quell'anno un Laboratorio teatrale che si arricchì di contributi di molti artisti esterni (Giorgio Barberio Corsetti, Michele Sambin, Nin Scolari, Bob Marchese, Armando Carrara, Thierry Parmentier). Quell'esperienza ci portò a realizzare uno studio teatrale d'ambiente - Una sola moltitudine, un Video teatrale - La Scatola di Frisch, e uno spettacolo rimasto incompiuto - Galileo. Tornammo su questo tema l'anno scorso con altri due studi - I giardini di Kensington e Il secchio del tempo. Ma è sempre stato come se quel rebus non fossimo riusciti a risolverlo.
Eccoci così a ripresentare lo stesso progetto ora.
Si tratta di un incubo appunto. Un uomo si è perso. Sappiamo che ha passato la vita a studiare le api. Sappiamo che qualcosa deve essergli accaduto, perché lo vediamo smarrito nel labirinto dei suoi sogni. Possiamo supporre che Galileo sia stato il suo maestro ideale ma nei suoi sogni ci appare deforme e cattivo. Non ci sono accadimenti esterni. Tutto è già avvenuto. Ciò a cui assistiamo è solo il delirio di un soggetto o dei tanti frammenti che lo compongono.
Non si tratta di uno spettacolo brechtiano e nemmeno di uno spettacolo scientifico. Di Brecht è rimasto solo qualche frammento stravolto della prima scena del suo dramma e il ricercatore di cui si racconta la storia certamente non è Karl Von Frisch.
Che cosa hanno in comune la ricerca scientifica e la ricerca teatrale?
Un metodo in grado solo di formulare delle ipotesi senza nessuna certezza della verità.
Che cosa hanno in comune con noi Brecht, Galileo e Von Frisch?
La consapevolezza che ogni sforzo compiuto verso la conoscenza della realtà li allontana dalla realtà a cui si dedicano: poiché la trasforma.