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FAUST

INTERPRETI

Faust   Luigi Marangoni
Mefistofele   Cristiano Cattin
Margherita   Elena Giusti 
Lo Spirito   Thierry Parmentier 

presenze   Fiorella Tommasini, Antonia Bertagnon, Simonetta Rovere, Marco Farinella, Marcello Ferrari

MUSICISTI

Domenico Banzola (flauto), Stefano Romani (oboe), Alessandra Targa (arpa), Giorgio Panagin (chitarra), Vittorio Piombo (violoncello), Franco Catalini (contrabbasso), Tiziano Negrello (percussioni), Barbara Fortin (voce)  direttore  Marco Berdondini

COSTUMI

Thierry Parmentier

LUCI

Francesco Piva

ASSISTENZA TECNICA

Marcello Ferrari, Roberto Domeneghetti

MUSICA E REGIA

Massimo Munaro

 

PRIMA RAPPRESENTAZIONE:

versione itinerante: Rovigo, 18 giugno 1995
versione teatrale: Teatro Alcione, Verona, 3 maggio 1996

Il mito di Faust, che quasi come un presenza archetipale attraversa (da Marlowe a Goethe fino a Pessoa) gran parte della tradizione culturale occidentale, ci ha spinti a tentare una riflessione sulle stesse forme, sui linguaggi e sui sensi che quella stessa cultura, che è poi la nostra, è andata via elaborando fino ad oggi. E d'altronde la storia di Faust - ed è forse un primo paradosso - si dà in modo esemplare anche come storia di tutti.
Le tre parti in cui si suddivide lo spettacolo rispettano l'andamento fondamentale del mito; ad esse corrispondo tre diversi approcci stilistici, procediamenti e forme desunte dalla tradizione teatrale. Fra una parte e l'altra dello spettacolo il salto temporale della vicenda sarà restituito, nella versione itinerante, in spazi diversi che costringe lo spettatore a seguire il viaggio di Faust non più metaforicamente ma in modo letteralmente fisico.


All'inizio, l'interno di una Chiesa sconsacrata: Mefistofele propone a un giovanissimo Faust il famoso patto. Lo stile è naturalistico.
Usciamo con lui per le strade della città. Entriamo in un teatro. La storia d'amore fra Faust e Margherita sarà qui sviluppata con una levità amaramente ironica: ci siamo trovati di fronte alla necessità di rivisitare una forma per noi in qualche modo archetipale come quella del melodramma. In scena i personaggi si muovono e recitano sul flusso ininterrotto della musica, eseguita dal vivo da un piccolo gruppo da camera.
Usciamo di nuovo questa volta per avviarci in uno spazio aperto che si rivela essere un cimitero, dove fra suoni e visioni, in uno stile più consono delle destrutturazioni linguistiche e visive della più recente sperimentazione teatrale, assistiamo al delirio di un Faust arrivato al termine del suo cammino, impotente e sconfitto come già era all'inizio: il grande segreto ancora gli sfugge.