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I GIARDINI DI KENSINGTON / IL SECCHIO DEL TEMPO
due studi

 

I GIARDINI DI KENSINGTON / IL SECCHIO DEL TEMPO
due studi

 

I GIARDINI DI KENSINGTON

INTERPRETI

Marco Farinella, Franco Cecchetto e Emanuela Rossi

COSTUMI

Thierry Parmentier

REGIA

Massimo Munaro 

 

IL SECCHIO DEL TEMPO

INTERPRETI

Cristiano Cattin, Roberto Ragazzoni, Luigi Marangoni e Fiorella Tommasini costumi Thierry Parmentier

COSTUMI

Thierry Parmentier

REGIA

Massimo Munaro 

 

PRIMA RAPPRESENTAZIONE:

Rovigo, Teatro di Casa Serena, 16 dicembre 1994

"I giardini di Kensington" e "Il secchio del Tempo" sviluppano, ma certo non esauriscono, alcuni temi centrali e propri dello spettacolo "Galileo" che realizzammo nel 1992 con la regia di Martino Ferrari.
"I giardini di Kensington", ispirato alla prima parte della favola Peter Pan, tenta la costruzione teatrale, formalmente coerente, di un linguaggio altro rispetto a quello naturalistico che è dettato a imitazione del linguaggio quotidiano. Nel nostro lavoro teatrale abbiamo sempre avuto un grande interesse (da "Frammenti", che è stato il nostro primo lavoro, a "Sogno dentro Sogno", che su questa scommessa era interamente costruito) verso la possibilità di svelare coi meccanismi teatrali la tangibile alterità che il mondo rivela dietro la sua superficie rassicurante. Così nel "Galileo" l'interesse era andato sin dall'inizio alla figura di Von Frish e al suo saggio "Il linguaggio delle Api": nello spettacolo confluiva direttamente questo linguaggio altro (quello delle api) nel groviglio dei corpi che come enigmatici geroglifici venivano via via sedati e compresi da Von Frisch, che in scena vedemmo come ideale continuatore del pensiero Galileiano e quindi identificammo con l'allievo Andrea.
Qui ne "I giardini di Kensington" abbiamo cercato di sviluppare, di insistere attorno a questa idea: i giardini di Kensington, che ospitano la vicenda iniziale di Per Pan, sono il regno del fantastico, e come tale obbediscono a regole coerenti quanto del tutto diverse da quelle che dettano la nostra quotidianità. Era dunque possibile per noi tentare di impostare l'intera struttura drammaturgia di questa storia/non-storia (tale è questa narrazione che infondo non racconta nulla ma, come un preludio, finisce solo col disegnare un ambiente), su alcune semplici regole che fondassero, in qualche modo, un linguaggio coerente ed extraquotidiano.
[...] Ma dopo tanto sforzo, nessuno ci toglie il sospetto che, senza una chiave d'accesso, senza la conoscenza formale su cui è costruito, questo Studio, con tutta la sua ferrea coerenza resterebbe un oggetto incomprensibile - ancora una volta apparirebbe come un enigmatico geroglifico. Di questo aspetto del problema si occupa l'altro Studio che presentiamo stasera, "Il secchio del Tempo": cioè del distacco, ormai divenuto inquietante, fra Ricerca Scientifica e d Artistica, da una parte, e fruizione pubblica, dall'altra. E' un problema ampiamente affrontato e denunciato da Brecht nel "Galileo", ma le cui conseguenze, già presenti nello spettacolo che realizzammo due anni fa, allora non ci parvero così ineludibili.
[...] Ne "Il secchio del Tempo" vediamo una nutrita serie di scienziati, un po' pazzi un po' buffoni un po' stregoni un po' chissà cos'altro, gettarsi ed azzuffarsi a proposito del concetto di Tempo: da Newton, che postula l'esistenza di un Tempo assoluto; a Clasius, che attraverso la funzione di entropia - secondo principio della termodinamica - sancisce il decorso irreversibile del Tempo, finendo per prefigurare la "morte termica" dell'Universo; fino a Schrödinger con la meccanica quantistica, che porta a supporre la compresenza di infiniti Tempi, paralleli e convergenti.
In scena assistiamo così a tre brevi esperimenti scientifici trattati nella maniera teatralmente più semplice, quasi cabarettistica e irriverente, che fa a pugni con le parole enigmatiche e incomprensibili pronunciate dai tre scienziati.
In un mondo sempre più complesso avremmo davvero bisogno, avremmo il dovere di essere semplici, di farci comprendere. E invece,il sapere resta sempre più parcellizzato e specialistico, e in quanto tale accessibile solo agli specialisti. Così l'Arte.
Nelle società moderne il potere è detenuto da chi detiene, come si definisce oggi, il know how, cioè la capacità di applicare la conoscenza, e la conoscenza specialistica è del tutto funzionale a questo sistema.
Ma in un momento come questo, in cui un banditore che pontifica quotidianamente dalle sue tre (sei) reti televisive è diventato capo del governo del nostro Paese, gli intellettuali, oggi più che mai, avrebbero il dovere di scendere dalle loro montagne per tornare "a puntare il telescopio della conoscenza", per usare ancora le parole di Brecht, "contro questi avidi predatori dei frutti della scienza, contro questi aguzzini".